venerdì 22 giugno 2012

La spartizione dell'Africa


LA SPARTIZIONE DELL’AFRICA
Nel 1869 fu aperto il Canale di Suez, che fece sembrare l’India e l’Estremo Oriente più vicini e rilanciò la centralità del Mediterraneo. Questo canale mette in comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso e quindi con l’Oceano Indiano. Nel 1875, approfittando delle difficoltà finanziarie del governo egiziano, la Gran Bretagna comprò a basso prezzo le quote azionarie della Compagnia del Canale, accrescendo la sua importanza in quel paese. Quando poi i Francesi occuparono la Tunisia nel 1881, gli Inglesi risposero trasformando l’Egitto in un loro protettorato. Questi ultimi due avvenimenti segnarono l’inizio di una vera e propria corsa alle colonie africane, in cui alla Francia e alla Gran Bretagna si aggiunsero il Belgio, la Germania e l’Italia. Tra questi paesi scoppiarono dei conflitti d’interesse che per risolverli fu convocata a Berlino una Conferenza internazionale (1884-1885). Si tracciarono così le diverse aree d’influenza. Le spartizioni furono eseguite senza tenere in conto le esigenze delle popolazioni locali: per questo, osservando la carta politica dell’africa si può notare che i confini sono geometrici.
Le regioni più ricche furono prese dalla Gran Bretagna e dalla Francia. La prima si impadronì anche del Sudan, della Nigeria e dell’Africa del Sud; la seconda occupò l’Algeria, il Senegal, il Gabon, la Costa d’Avorio e il Madagascar. Il Belgio, invece, mise le mani sul Congo. Il Sudafrica fu oggetto di scontro tra inglesi e Boeri. La guerra, che iniziò nel 1899 e finì nel 1902, fu vinta dagli inglesi che inglobarono i territori Boeri in un’unica colonia e crearono l’unione Sudafricana, dove sfruttarono le risorse minerarie, specialmente di oro e diamanti, e iniziarono a praticare una politica di segregazione razziale nei confronti dei Neri.
Tutto questo accadde nel passaggio tra Ottocento e Novecento, che fu caratterizzato da due fenomeni: il colonialismo e l’imperialismo. Il primo consiste nella conquista di territori oltremare per sfruttarne le ricchezze. L’imperialismo è la tendenza di uno Stato a praticare una politica di potenza per imporre i propri interessi economici e il proprio prestigio nei paesi più deboli. Alla formazione degli imperi coloniali contribuirono anche elementi ideologici: infatti, molti Europei erano convinti di rappresentare una civiltà superiore e di doverla diffondere nel mondo, oltre a evangelizzare le “popolazioni primitive”. Ci furono da quel periodo un forte incremento demografico e una grande necessità di accaparrarsi nuovi mercati. L’obiettivo principale del colonialismo era la necessità di materie prime, da prelevare nelle colonie. Era indispensabile la ricerca di nuovi mercati, perché negli stati avveniva spesso il fenomeno della ‘sovrapproduzione’ la quale doveva essere smaltita con il mercato mondiale. Inoltre le colonie permettevano di impiegare gli enormi capitali accumulati dai Paesi europei. Il fenomeno della colonizzazione avvenne in fretta, perché le future colonie avevano politiche instabili ed erano deboli militarmente. La conquista delle colonie avente tramite l’uso della violenza, il cui effetto era aggravato dalla superiorità tecnologica (armi di acciaio contro armi di ferro, pietre e bastoni). Iniziò così anche uno sfruttamento brutale, per ottenere le materie prime destinate all’esportazione.

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