LA SPARTIZIONE DELL’AFRICA
Nel 1869 fu aperto il Canale di Suez, che fece sembrare
l’India e l’Estremo Oriente più vicini e rilanciò la centralità del
Mediterraneo. Questo canale mette in comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso
e quindi con l’Oceano Indiano. Nel 1875, approfittando delle difficoltà
finanziarie del governo egiziano, la Gran Bretagna comprò a basso prezzo le
quote azionarie della Compagnia del Canale, accrescendo la sua importanza in
quel paese. Quando poi i Francesi occuparono la Tunisia nel 1881, gli Inglesi
risposero trasformando l’Egitto in un loro protettorato. Questi ultimi due
avvenimenti segnarono l’inizio di una vera e propria corsa alle colonie
africane, in cui alla Francia e alla Gran Bretagna si aggiunsero il Belgio, la
Germania e l’Italia. Tra questi paesi scoppiarono dei conflitti d’interesse che
per risolverli fu convocata a Berlino una Conferenza internazionale
(1884-1885). Si tracciarono così le diverse aree d’influenza. Le spartizioni furono
eseguite senza tenere in conto le esigenze delle popolazioni locali: per
questo, osservando la carta politica dell’africa si può notare che i confini
sono geometrici.
Le regioni più ricche furono prese dalla Gran Bretagna e
dalla Francia. La prima si impadronì anche del Sudan, della Nigeria e
dell’Africa del Sud; la seconda occupò l’Algeria, il Senegal, il Gabon, la
Costa d’Avorio e il Madagascar. Il Belgio, invece, mise le mani sul Congo. Il
Sudafrica fu oggetto di scontro tra inglesi e Boeri. La guerra, che iniziò nel
1899 e finì nel 1902, fu vinta dagli inglesi che inglobarono i territori Boeri
in un’unica colonia e crearono l’unione Sudafricana, dove sfruttarono le
risorse minerarie, specialmente di oro e diamanti, e iniziarono a praticare una
politica di segregazione razziale nei confronti dei Neri.
Tutto questo accadde nel passaggio tra Ottocento e
Novecento, che fu caratterizzato da due fenomeni: il colonialismo e
l’imperialismo. Il primo consiste nella conquista di territori oltremare per
sfruttarne le ricchezze. L’imperialismo è la tendenza di uno Stato a praticare
una politica di potenza per imporre i propri interessi economici e il proprio
prestigio nei paesi più deboli. Alla formazione degli imperi coloniali
contribuirono anche elementi ideologici: infatti, molti Europei erano convinti
di rappresentare una civiltà superiore e di doverla diffondere nel mondo, oltre
a evangelizzare le “popolazioni primitive”. Ci furono da quel periodo un forte
incremento demografico e una grande necessità di accaparrarsi nuovi mercati. L’obiettivo
principale del colonialismo era la necessità di materie prime, da prelevare
nelle colonie. Era indispensabile la ricerca di nuovi mercati, perché negli
stati avveniva spesso il fenomeno della ‘sovrapproduzione’ la quale doveva
essere smaltita con il mercato mondiale. Inoltre le colonie permettevano di
impiegare gli enormi capitali accumulati dai Paesi europei. Il fenomeno della
colonizzazione avvenne in fretta, perché le future colonie avevano politiche
instabili ed erano deboli militarmente. La conquista delle colonie avente
tramite l’uso della violenza, il cui effetto era aggravato dalla superiorità
tecnologica (armi di acciaio contro armi di ferro, pietre e bastoni). Iniziò
così anche uno sfruttamento brutale, per ottenere le materie prime destinate
all’esportazione.
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